Beatrice e Laura: muse di un amore che sfida il tempo

di Enrico Pizza, classe IID

Quel dolce vento quasi impercettibili che carezzava i volti dei due poeti, se non i loro cuori, si era trasformato in un impetuoso vortice che li travolse e li ispirò, come Calliope per Omero, o la Curiosità per l’Ulisse infuocato. Sebbene avevano una percezione diversa, per Dante un amore spirituale dove l’innamoramento è spontaneo, e per Petrarca un amor terreno con sensi di colpa per l’allontanamento dalla salvezza dell’anima, erano accomunati spinti dallo stesso sentimento.

Beatrice è la donna che Dante vede solo poche volte nella sua vita, con un saluto riesce a togliergli il fiato tanto che il poeta lo paragona ad un angelo, lo stesso angelo che lo porterà alla salvezza divina. Dante la riconosce seppur sotto un manto verde vestita di un color fiamma, tra il fiume Eunoè e il fiume Lete, poichè d’antico amor sentì la gran potenza.

Ma anche le movenze, o una soave voce, possono rimandare ad uno spirto celeste dai capelli d’oro e dallo sguardo pietoso. Una creatura capace di snaturare radicalmente il pensiero dell’amore di Petrarca, il quale, dapprima acerrimo nemico del tempo, non si fa ingannare da esso e continua ad amare Laura.

Ambedue le donne lasciano un vuoto incommensurabile nei poeti, dai loro occhi scocca una freccia che trafigge per sempre i loro corpi, nonché l’animo dei poeti. Si sentono come anime sconvolte che cercano la dritta via smarrita, Petrarca si perde nel suo stesso dolore, ripercorrendo attimi contrapposti di gioia e angoscia, come Catone, che ormai non ha più speranze di vedere la sua Marzia, e Dante, nel bel mezzo della sua vita, soccorso da Virgilio, vedrà per l'ultima volta Beatrice in Paradiso, riuscendo a spezzare parte di quel dardo.

Commenti