L’eredità di Ulisse: il coraggio di cercare oltre i limiti


di Enrico Pizza, classe IID




"Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza"

Questa è la frase che pronuncia l'Ulisse dantesco ai suoi compagni di viaggio. Vuole incoraggiarli e convincerli a superare le colonne d’Ercole, e lo fa dicendo loro che non sono come gli animali, privi d’intelletto, ma devono inseguire le proprie virtù e la curiosità di oltrepassare i limiti, conducendoli però alla catastrofe.

Ulisse, uno spirito ribelle, non curante dei limiti imposti dalla volontà divina, sempre alla ricerca dell’ignoto, superbo, tessitore d’inganno, riesce infine, grazie alla sua abilità oratoria, a persuadere i suoi compagni.

Allo stesso tempo, Ulisse è esempio dell’umana grandezza d’animo: eroe della ricerca e della conoscenza, al cui altare sacrifica gli affetti più cari e la sua stessa vita. È un’immagine che incarna i più nobili e alti valori dell’umanità, e la descrizione di Dante ci fa dimenticare il peccato per cui Ulisse è stato condannato.

Persino Primo Levi, nel suo libro Se questo è un uomo, recita questa frase a un compagno di sventura che voleva imparare l’italiano: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.

La voce di Ulisse, quasi come la voce di Dio, sembra una preghiera, un appello contro la disumanità e l’imbarbarimento del genere umano.
L’ingegno è un dono di Dio, e bisogna farne tesoro seguendo la strada della virtù e della conoscenza. La colpa di Ulisse è stata quella di peccare di ambizione, sfidando l’immensità della conoscenza divina. Il suo merito, però, è l’insegnamento che intelligenza e coraggio sono l’essenza su cui si regge l’essere umano.

“La virtù è la disposizione d’animo volta al bene, a prescindere da un eventuale premio o castigo”. Perciò, l’intelligenza è autentica solo se è il mezzo per raggiungere una conoscenza – o meglio una sapienza – che sia benevola verso l’umanità.
Per questo, l’intelligenza artificiale mi spaventa: mi spaventa l’uso che l’uomo potrebbe farne e il mondo che ne potrebbe derivare.
La storia è piena di giorni neri che si sono ripetuti costantemente, in cui l’umanità delle persone è stata sostituita da un agire privo di pensiero, o dove l’ira e la superbia del singolo hanno prevalso sui tanti.
“Disabitudine del pensiero” è la parola d’ordine della nuova era.

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