Violenza sulle donne: storie, numeri e simboli che non possiamo ignorare

di De Stefano Carlotta, classe IIA



Uno schiaffo: “Non è colpa sua, sono stata io a farlo arrabbiare”. Un insulto: “Ci sono rimasta male, ma io lo amo”. Un pugno: “Ha detto che è la sua infanzia a tormentarlo e che è sotto stress, non lo farà più”. Potrebbero essere queste le reazioni e i pensieri più frequenti di una ragazza vittima di violenza. In Italia, circa il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito almeno una forma di aggressione fisica o sessuale nel corso della vita, secondo i dati dell’Istat. Questo corrisponde a circa 7 milioni di donne, vittime di episodi che includono violenze sessuali, fisiche, stupri o tentativi di stupro, oltre a violenze psicologiche. È importante sottolineare che non si tratta di un dato annuale, ma di un’esperienza accumulata nel corso della vita di queste donne. Purtroppo, i femminicidi restano un problema grave: in Italia una donna viene uccisa ogni tre giorni, spesso da un partner o ex partner. Questi casi emergono perlopiù da relazioni tossiche, ossia quei rapporti in cui l’uomo, inizialmente dolce e premuroso, si rivela un vero e proprio mostro. Inizia a picchiarla, a giudicarla, a limitarla e persino a non farla uscire di casa. Questi avvenimenti non riguardano esclusivamente le relazioni tra ragazzi, ma anche tra coniugi, coinvolgendo spesso anche i figli. Queste parole e azioni causano turbamenti profondi nella donna o ragazza, portandola a problemi gravissimi come l’anoressia e facendola vivere in una situazione di totale incertezza, senza sapere cosa aspettarsi dal partner. La soluzione migliore sarebbe parlarne con una persona di fiducia, ma non tutte le vittime trovano il coraggio di farlo, spesso a causa della vergogna e del senso di colpa. Sono poche quelle che riescono a denunciare, assumendosi colpe che non hanno.

Il 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, istituita nel 1999 dall’ONU, ricorda le sorelle Mirabal, deportate, violentate e uccise nella Repubblica Dominicana il 25 novembre 1960. Per sensibilizzare il mondo sui femminicidi e sulle violenze sono stati introdotti simboli come le scarpette rosse, le panchine rosse e i fiocchi rossi, che simboleggiano il sangue delle donne uccise. Per aiutare le donne in pericolo è stato anche ideato un segnale internazionale: piegare il pollice all’interno della mano e chiudere le altre quattro dita, formando un pugno, per chiedere aiuto senza essere scoperte. Di fronte a una situazione così grave, l’unica soluzione è cercare di cambiare mentalità, lavorando sull’educazione e sensibilizzando sempre di più le persone. Sebbene se ne parli da anni, il problema persiste e, ancora oggi, molte donne rischiano la vita.

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