"Supplica a mia madre" di Pier Paolo Pasolini, le nostre riflessioni letterarie

di Silvio Buonopane, Lorenzo Cianciulli, Angelo Pizza, Samuele Vinci, classe III D




In occasione della Festa della Mamma pubblichiamo i nostri commenti e le nostre riflessioni letterarie sulla poesia "Supplica a mia madre" di Pier Paolo Pasolini.

È difficile dire con parole di figlio

ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,

ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:

è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata

alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame

d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu

sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso

alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,

l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione

di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.

Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Silvio Buonopane: Pasolini, nella poesia rivolta alla madre, si presenta afflitto, afflitto dalla difficoltà perenne di fuggire dal cuore di quest’ultima. Tu sei in me, sei parte di me, sei l’unica che conosce davvero le mille sfumature della mia vita, inarrivabili da chiunque altro. Non riesco a sostituirti, sei la luce che scioglie la neve dei miei sentimenti, mi arrivi in fondo al petto manipolando la mia mente come solo tu sei in grado di fare. Mi chiedo perché, ma guardandoti capisco che sono sempre appartenuto a te. Pasolini senza la figura della madre è perso, è solo. Quella solitudine che ci rivela Pavese, nelle avversità della vita e del giorno senza una persona da amare, che sappia comprenderti senza che tu debba parlare, ma soprattutto, quando ne hai bisogno, ti sappia ascoltare. L’autore arriva a capire che ha bisogno di questo amore, un amore che solo la madre gli può dare. Stesso corpo, stessa anima, sin da bambino ho avuto paura per il futuro, la paura più dannata di non trovare un’altra persona che come te sappia farmi da scudo. Mi ritrovo incatenato a te, nell’oscurità della mia cella spirituale. Ritroviamo dunque Pavese, perchè la madre di Pier Paolo è come la terra per l’autore piemonte di cui non si riesce a liberare. E allora Pasolini sceglie semplicemente di non vivere sotto l’ombra di tale terrore che però, allo stesso tempo, è la sua unica forma di gioia palpabile. Diventa quindi comodo per lui nascondersi sotto una maschera, quella maschera presentataci da Pirandello. Ma ora c’è qualcosa di diverso nell’aria, entra in gioco la vera supplica di Pasolini alla madre, e quella paura di perderla si fa sentire sulla pelle, silenziosa. E’ sul tuo collo, perchè si sta avvicinando il triste dormir inevitabile di quella che forse è davvero l’unica donna della tua vita. “Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.” Questo è il terrore di Pasolini, espresso in tali versi. E continua nel suo frenetico richiamo alla madre, perché forse il tempo sta esaurendo, ma lui è lì e si fa sentire, ricambiando in qualche modo, quello che la sua figura materna ha sempre fatto per lui.

Lorenzo Cianciulli: Un amore naturale quello tra madre e figlio, che Pasolini ci descrive in una semplice poesia. La figura materna è d’importanza fondamentale per un figlio, il punto di riferimento, il faro in una notte in tempesta, la luce dopo il buio. Un amore insostituibile dice Pasolini, così tanto da renderlo dannato alla solitudine. La poesia è pervasa da un senso di nostalgia e malinconia così struggenti che quando l’ho sentita mi sono arrivati dritti al cuore. Sono presenti, inoltre, il tema dell’abbandono e della solitudine, che ritroviamo spesso in altri poeti e tra questi Ugo Foscolo che piangeva per l’abbandono della sua amata terra, Zacinto. Tuttavia, nonostante la tristezza e la disperazione che avvolgono la poesia, c’è anche una nota di speranza, una fede nell’amore materno che riesce con la sua capacità a superare ogni ostacolo. Sei tu a sentire il nostro primo battito, a capire che siamo finalmente vivi dentro di te. Sono le nostre madri che dobbiamo ringraziare se oggi siamo qui, dobbiamo amarle e dedicarle tutto il nostro affetto. Solo lei ci vede così come siamo, non ci attribuisce nessuna maschera, un attimo di amore materno è un attimo di felicità, che nessuno ci potrà più ridare. Alla fine, però, non c’è cosa più brutta per una madre veder suo figlio morire, proprio come è successo alla madre del grande poeta Pasolini. Questa è una poesia che tocca l’animo delle persone e che abbraccia tante emozioni. Penso di essermi sbagliato quando all’inizio ho detto che quella di Pasolini è una semplice poesia perché, solo ora che sto digitando queste ultime parole, ne ho capito a fondo il vero significato.

Angelo Pizza: Il genio mai veramente applaudito, il genio che fa male e fa inorridire, ma non per paura. Il genio che rivela le vere facce del potere, che leva le maschere all’Italia, all’Occidente, al suo fondatore, alla DC e dà fastidio anche a coloro che credono di interpretare i suoi stessi ideali. Pasolini, il genio che non dice sì per baratto. Unico genio che, per passione e ideale, dimostra alla “cara e pacifica” umanità del dopoguerra come un uomo potrebbe cambiare la Storia, potrebbe dare noi la forza di reagire alle facce che purtroppo contano. Un genio tormentato, che sa di esserlo e sa che mai rassegnazione potrà sopraggiungere. Aspetta il giorno in cui coloro che fino all’attimo prima gli avrebbero sparato in testa, si sarebbero inchinati a trattarlo come un re. Sa che mai arriverà e allora trova rifugio nei ricordi e nel presente di un amore che forse, a breve, si lascerà sognare la notte, o forse un amore che farà della sua anima quella che Leopardi chiama illusione. E’ l’amore di una mamma, forse l’unico amore che l’umanità non perderà, perché puro e innato. Dovrebbe essere sempre questo il coronamento di una scelta che ti cambia per sempre. L’amore di una mamma, l’unico sfarzo capace di soddisfare quell’ampio concetto spesso lontano dalla scienza e a volte non spinto dalla ragione; chissà se gli “studiosi del futuro” sapranno trovare felicità maggiore rispetto a quella recata da un amore materno. Fatto sta che non vorrei mai sentire realizzata questa mia ipotesi, sarebbe il culmine della decadenza della società delle nuove tecnologie. Il tempo cos’è, perché esiste e chi l’ha inventato? Chi vuole sentire, più che vedere, capisce che ogni secondo scandisce un attimo di vita, un attimo d’amore materno. L’amore materno è l’unico sfavillio che il tempo non riuscirà mai cancellare. Non so se quell’essere mistico che è rappresentato con la falce potrà mai essere più grande dell’amore materno. Son sicuro però che non sarà in grado di farlo da solo, saremo NOI a fornirgli l’assist. Tra le critiche, la solitudine totale, la fallita speranza di varcare nuovi orizzonti Pasolini torna indietro, ripercorre al contrario passo per passo ogni attimo di amore materno, finché non si trova in uno spiazzale, un cerchio, quello che non ha né un inizio né una fine. Pochi anni fatti di inconsapevolezza e da un pizzico di ingenuità che ci accompagna per tutta la vita. La voglia di Pasolini di una amore fisico, carnale, che aggiunga un pò di immoralità alla sua immensa opera di ricostruzione morale, non può resistere alla voglia di rintanarsi in un amore dove solo l’anima può comprendere il significato di quello che semplicemente generalizziamo come sentimento. Tra la protezione percepita sin dal primo vagito ai più ampi valori allo stesso tempo semplici e filosofici che solo una mamma sa dare, Pasolini si trova perso e malinconicamente contento in un mondo che purtroppo non vedrà per sempre, sperando di poterlo scoprire ancora in un futuro aprile.  

Samuele Vinci: “Supplica a mia madre” di Pier Paolo Pasolini è una poesia nella quale ritroviamo una descrizione di solitudine, dramma interiore, di non sentirsi come si appare e che solo una madre sa come si è veramente

Soli, in un amore alla fine di quei raggi di sole

Soli, alla ricerca di un amore colto che lo possa sostituire

Soli, incessantemente alla ricerca di “noi stessi”

Nessun amore può sostituire quello che Pasolini prova. Fiore incolto, in mezzo a un disastro esistenziale che solo noi umani percepiamo, un male di vivere, nella quale l’indifferenza per Pasolini è la madre. Rassegnazione di un amore “vero” che non potrà mai eguagliarne altri. Questo non è un amore alla “Tommaso ed Irene” o alla “Paolo e Francesca” ma si tratta di un amore divino, come quello che Dante prova per Beatrice o come quello che Foscolo prova sempre verso la madre. Lei è l’unica che spoglia Pasolini da tutto quello che pensiamo che sia, l’unica a vederlo, nella preoccupazione reciproca che questo amore possa finire in un rivo strozzato Pasolini, viveva una vita sotterrata da rassegnazione e paura, paura che questa passione che lui stesso prova, possa vagare nell’assenza di tutto, accettazione, perché pensava la madre fosse alla fine della sua vita, alla fine di quei raggi di sole. Essi smetteranno di splendere negli occhi dell’amato figlio, ucciso ingiustamente per aver detto come stavano le cose. Questa è la rappresentazione della vita, un continuo turbinio di emozioni diverse in tutti gli esseri del creato, cessate dallo stesso episodio: la solitudine ovvero, la relativa assenza di Amore nella propria vita.




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