di Gian Maria De Stefano, classe ID
Parte 1: il campeggio
“Ci
accampiamo qui per la notte, va bene Stella?” Molto contenta Stella esulta:” E’
ottimo! Amo questo posto, è perfettamente pianeggiante e vicino al bosco!”
Nessuno dei due riusciva a contenersi. Guardando il bosco senza fiato videro in
fondo movimenti strani ma non ci pensarono. Guardavano la fitta vegetazione di
faggi alti, vigorosi ed indiscutibilmente perfetti. Si riusciva a scrutare il
cuore del bosco, in quel periodo era più verde che mai. I tronchi robusti e
coloriti davano sicurezza ai ragazzi. Quando si risvegliarono da quello che
sembrava un sogno, alzarono gli occhi al cielo; si sentivano forti e
coraggiosi, intrepidi e spavaldi e passarono il pomeriggio a fare battute e a
raccontarsi i loro momenti più belli. La sera non tardò ad arrivare.
Parte 2: le frecce
“Mattia, il fuoco si sta spegnendo, la sua
fiamma sta diventando sempre più piccola e io sto iniziando ad avere freddo!”
Il ragazzo, capendola, le risponde: “Sì, hai ragione, dobbiamo cercare legna;
il problema è che è buio, troppo buio!” Ci fu poi un momento di silenzio e
subito Stella si illuminò e riprese il discorso: “Ma noi abbiamo una torcia!”
Sentendo quelle parole Mattia si rianimò ed entrarono nel bosco più buio che
mai. Lui era avanti con la torcia mentre Stella, dietro, gli guardava le
spalle. Stella si sentiva come Dante Alighieri e si ripeteva nella testa: “Nel
mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura…..” ed era
proprio quello che stava accadendo. Mentre camminavano Stella vide una vasta
pianura, piena di legna, ottima per il fuoco. Subito avvertì l’amico: “Hey Mattia, ho trovato legna ottima per il fuoco, possiamo tornare!” Mattia non la
sentì. Stella si disse tra sé e sé che poteva allontanarsi per un attimo dal
percorso e prendere quell’ottima legna, poi sarebbe subito tornata sul sentiero
e avrebbe fatto vedere all’amico cosa si sarebbero persi per non guardarsi bene
intorno. Preso il bottino, proseguì lungo il percorso attraverso il quale Mattia era passato.
Non vedeva l’ora di fargli vedere quello che aveva trovato e di
rinfacciarglielo. Mancava veramente poco a raggiungerlo, si vedeva la luce
della sua torcia. Stella era talmente concentrata a proseguire nel suo intento
che non notò che la luce della torcia del ragazzo era ferma e senza neanche
guardare gli batté contro. “Guarda quanta legna ho trovato e tu che non guardi
nemmeno bene, se mi avessi sentito saremmo già tornati!” rispose Stella
ridendo, ma Mattia no, lui non rideva affatto, era paralizzato dalla paura e
disse alla sua compagna, balbettando: “Dobbiamo andarcene subito da qui, non
resterò un secondo di più!” E alzando la mano indicò frecce rosse sugli alberi
che puntavano verso un sentiero sconosciuto.
Parte 3: il cuore del bosco
“Sono
sicura che ieri non abbiamo visto bene; e poi perché non vuoi andare a vedere?
Sento profumo di avventura!” disse lei con una voglia incontenibile di
esplorare. “Sei impazzita! Quando non ti ho vista più pensavo che ti fossi
persa ed alla vista di quelle strane frecce ho avuto il colpo finale, ho avuto
paura!” Mattia si comportava come quando un padre sgrida il figlio
disobbediente. Dopo quella discussione, il silenzio tra i due ragazzi dominava
e sempre Mattia, con una voce ora più calma, disse: “Scusa, non mi sono
trattenuto, ho avuto veramente paura.” Poi, con l’attenzione di Stella,
continuò: “Domani andremo a controllare, ok?” Stella mosse il capo in segno di
approvazione. La giornata volò e trascorse tranquilla e serena. Arrivò sera ed
in un momento si addormentarono. Il giorno seguente, Mattia si svegliò di
soprassalto. Sentì del freddo percorrergli la schiena. Aprì a poco a poco gli
occhi per via del sole ed acquisita la visibilità per poco non svenne. Non si
trovavano più nel loro accampamento ma in un luogo mai visto, situato vicino
alla riva di un lago. Piombò sopra Stella e la scosse con vivacità facendole
capire in che guaio si erano cacciati. Non sapevano cosa fare. L’unica e utile
buona idea fu quella di raccogliere tutto ed esplorare il circondario cercando
punti di riferimento, come quelle dannate frecce. Passarono tutta la mattinata
ad esplorare la zona ma senza alcun lieto fine. L’unica cosa che Stella
ricordava del momento in cui trovarono le frecce era il rumore dell’acqua ed
animali come rane, serpenti e cigni; soggetti che riguardavano il bioma del
lago. Quindi, secondo la sua azzardata ipotesi, non erano lontani. Videro
anche, in lontananza, un percorso di ghiaia, con impronte imponenti e profonde.
Raggiunsero quel sentiero e notarono che esso era inquietante: si sentivano
centinaia se non migliaia di versi animali, creavano un sottofondo musicale
stonato, il sole non filtrava attraverso le foglie dei possenti alberi ed a
causa di questo fenomeno quei meandri risultavano lugubri e tenebrosi. Il
sentiero conduceva ad una pianura deserta senza animali né strutture. Su un
sontuoso albero c’era un “Due” rosso e sotto di esso lo stesso sentiero che,
procedendo in senso inverso, li avrebbe riportati al punto iniziale, quello
stesso punto in cui iniziò tutto! Mattia era felice di poter tornare a “casa”
ma Stella era incuriosita da quello che stava accadendo e nella sua testa
giravano milioni di perché che le mescolavano le idee: chi li aveva portati lì?
Cosa sarebbe accaduto se avessero continuato il sentiero? Sarebbero in questa
situazione se non avessero visto quelle frecce? Tutte queste domande volevano
una risposta e l’unico modo era riprendere il percorso: “Mattia, io voglio
continuare! Voglio scoprire tutto quello che c’è da sapere”. Mattia voleva,
senza ombra di dubbio, tornare all’accampamento ma non poteva lasciare, di
certo, la sua amica senza un compagno o un punto di riferimento. Sistemato il
tutto proseguirono quel percorso da incubo che, però, creava un senso di
curiosità nei cuori dei ragazzi. Anche se in quel posto non si distingueva il
giorno dalla notte la stanchezza non si faceva mancare ed a un certo punto
diventò talmente buio che la torcia non faceva più il suo magico effetto.
” Tu
sei sicura di voler continuare questa scampagnata che, di sicuro, ci condurrà
verso la morte? E poi io non distinguo il cielo dalla terra, non vogliamo
accamparci?" La ragazza sorpresa si infuriò:” io non dormirò mai e poi mai
all’esterno, soprattutto se non vedo niente, è da pazzi!” Per gran parte del
tragitto i due non si parlarono e il silenzio sarebbe durato ancora di più se
non avessero trovato un altro albero con il segno “tre” e il disegno di un
tempio arabo o almeno era quello che sembrava. Un fulmine illuminò il cielo e
anche l’orizzonte facendo scoprire ai ragazzi che il tempio era davanti ai loro
minuti occhi. Un fischio acuto echeggiava nell’aria e un vento impetuoso
muoveva le verdi fronde degl’alberi. Seguì, poi, una pioggia torrenziale che
rimetteva in uso valloni e ruscelli e alimentava i fiumi. L’unico modo per
capire cosa stava succedendo e soprattutto per ripararsi da quel diluvio, era
correre a perdifiato verso il tempio. Quel posto era veramente strano: sembrava
la rovina di un tempio greco con colonne mezze distrutte e ricoperte da
piantagioni ed umidità. All’ingresso c’erano tre file di gradini e subito sopra
uno spiazzale rialzato e distrutto dalle radici. Per finire all’entrata c’era
un sontuoso portone di legno talmente rovinato da poter permettere la visione
dell’interno. Dentro la struttura i muri erano perfettamente intatti con
immagini rudimentali di persone con buchi stretti e profondi al posto della bocca.
Lì c’erano arredamenti in pietra e altre componenti particolari ma la cosa che
colpì i due ragazzi era un imponente piedistallo decorato da vegetazione con
sopra un rialzamento in pietra e un idolo d’oro raffigurante una scimmia
appallottolata. “Ehi Stella, hai visto abbastanza film di Indiana Joens?" Lei
fece un cenno con il capo, era ancora offesa per la disputa di prima. Mattia
riprese il discorso: “E’ sicuramente una trappola, non dobbiamo fidarci!”
Entrambi proseguirono con cautela verso il piedistallo, era quella la
ricompensa tanto attesa a cui, sinceramente, i ragazzi non ci speravano più.
Stella notò un rialzamento di alcune mattonelle nella sala e, vedendo Mattia
procedere verso una di queste, di scatto, lo afferrò per la maglia e lo gettò a
terra: “Vedi cosa succedere a non essere attenti? Se non era per me avresti
innescato una qualunque trappola di questo Tempio!” Subito il ragazzo si rialzò
e procedette, in maniera più lenta, verso il piedistallo. L’idolo era li. Di
fronte a lui. Pronto per essere preso. Stella lo riprese nuovamente: “Togliendo
quella statuetta dalla sua posizione innescherai un’altra trappola e così
saremmo spacciati!” Subito entrambi si misero alla ricerca di qualcosa che
poteva andare bene al posto di quell’idolo. Trovarono insieme miriadi di sassi
ma nessuno di quelli, secondo loro, andava bene. Dopo quella ricerca infinita e
dopo aver ripulito la sala da ogni genere di sasso, trovarono l’ultimo: il più
nascosto, il più grande, il più rotondo che avessero mai visto. Il peso
sembrava, delle dimensioni perfette di quella statuetta, quindi si prepararono
ad effettuare la sostituzione. Era un momento catartico. Mattia era davanti
all’idolo, pronto ad effettuare lo scambio. Oceani di sudore percorrevano il
corpo dei ragazzi. Un brivido di freddo percosse la schiena di Mattia. La loro
pancia emetteva versi da animale. Mattia era finalmente pronto. Avvicinò la
mano sinistra all’idolo mentre la destra era pronta a scagliare contro l’idolo
il sasso. Ciò avvenne e l’idolo cadde a terra pronto a finire nelle mani dei
due ragazzi. Stavano per andarsene quando il rialzamento dell’idolo si abbassò completamente
e rumore di ingranaggi risuonavano in tutta la sala. Si sentì un botto
fortissimo e tonnellate di polvere uscirono dai fori delle mura. Subito dopo
qualcosa colpì la borsa di Stella: era un dardo e dalla puzza che si propagava
sembrava anche avvelenato. Stella e Mattia si misero a correre verso l’uscita
ma ormai era troppo tardi, la trappola si era attivata e le mura iniziavano a
scagliare miriadi di dardi destinati a schiantarsi contro il muro di fronte o
contro i ragazzi. Si nascosero dietro una panchina di pietra semidistrutta e
dopo ogni dardo che gli si scagliava contro, rischiava di rompersi. I due
ragazzi pensarono al peggio quando improvvisamente le frecce si fermarono e
tutto ritornò alla sua normalità, corsero verso l’uscita sani e salvi. Un’ultima
minaccia si abbattè nelle vite dei ragazzi, persone, molte persone si
piazzarono intorno a loro con armi rudimentali e nuovamente si ritrovarono
faccia a faccia con la morte.
Parte 4: la fine
Cosa volevano quelle persone? Cosa volevano da loro?
Volevano aiutarli? Uno di loro allungò la mano, puntando l’idolo. Tutti
parlavano una lingua mai sentita prima dai ragazzi. La parlavano tutti tranne
uno, il più giovane del clan. Questo disse che erano stati proprio loro a
disinnescare la trappola togliendo ogni dardo da essa. Erano da anni che
cercavano di prendere quell’idolo ma invano e solo con l’aiuto di quei due
ragazzi c’erano riusciti. Tutto quello che volevano era riavere la statuetta e
in cambio avrebbero dato loro una grande ricompensa e li avrebbero anche
riaccompagnati a casa. Lo scambio avvenne e Mattia e Stella tornarono a casa
con le tasche stracolme di monete d’oro.
“Ci
accampiamo qui per la notte, va bene Stella?” Molto contenta Stella esultò:” E’
ottimo! Amo questo posto, è perfettamente pianeggiante e vicino al bosco!”
Nessuno dei due riusciva a contenersi. Guardando il bosco senza fiato videro in
fondo movimenti strani ma non ci pensarono. Guardavano la fitta vegetazione di
faggi alti, vigorosi ed indiscutibilmente perfetti. Si riusciva a scrutare il
cuore del bosco, in quel periodo era più verde che mai. I tronchi robusti e
coloriti davano sicurezza ai ragazzi. Quando si risvegliarono, da quello che
sembrava un sogno, alzarono gli occhi al cielo; si sentivano forti e
coraggiosi, intrepidi e spavaldi e passarono il pomeriggio a fare battute e a
raccontarsi i loro momenti più belli. La sera non tardò ad arrivare.
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