Il sacrificio per la castagna di Montella

 di Camilla Lombardi, classe ID


Sono molto giovane e non avendo molte conoscenze sulla castagna mi sono rivolta a mio zio, a mio nonno ed ai miei genitori per avere maggiori informazioni. Mi hanno spiegato tante cose ed è stato molto  piacevole ascoltare i racconti del loro passato ed osservarli mentre tra le mani sgusciavano alcune castagne e mi spiegavano come si preparano ad esempio le caldarroste oppure i “valani”. Così dopo aver visto anche delle foto antiche sono stata molto incuriosita ed ho deciso di fare delle ulteriori ricerche per capire ed approfondire tante cose di cui prima non sapevo l’esistenza.

Il castagno si coltiva già dal 5 secolo d.C. e fu definito dal poeta Giovanni Pascoli “Albero del pane”. Viene coltivato nel periodo invernale ed utilizzato per costruire mobili ed il frutto come alimento. Inizialmente si producevano 20 mila tonnellate di castagne e la metà della produzione si trova in Campania. Negli anni 30/40 in seguito alla guerra, il “cancro corticale del castagno” si diffuse all’interno di molti castagneti provocando gravissimi danni ed una grande riduzione del raccolto e dell’utilizzo della pianta. Nelle nostre zone però il castagno era molto forte e quindi è riuscito a reagire in modo naturale e combattere lentamente questa malattia. Dopo qualche anno infatti i nostri castagneti hanno ripreso forza e vita ed il raccolto e la qualità sono migliorati nel tempo.

Alla castagna di Montella sono state riconosciute la Denominazione di Origine Controllata (DOC) nel 1987 e successivamente la specializzazione di Indicazione Geografica Protetta (IGP) nel 1996. La castagna di Montella ha una pezzatura media o medio piccola e viene detta “Palommina” perché la sua forma ricorda la colomba che in dialetto chiamiamo “palomma”, questa particolarità può essere facilmente notata ponendola nel palmo della mano. E’ molto versatile e può essere utilizzata e cucinata in modi diversi. In cucina ancora oggi, come nei tempi antichi, esse vengono cotte a seconda delle loro dimensioni: con quelle grandi che in dialetto chiamiamo “varole” si preparano le caldarroste, le medie sono adatte per essere sbucciate e lessate in acqua e sale con foglie di alloro ed in dialetto vengono chiamate “re lesse”. Infine quelle più piccole vengono gustate dopo essere state bollite intere con la loro buccia in acqua e sale e sono dette “valani”.

I castagneti richiedono molta cura per un buon raccolto. Gli alberi vengono infatti potati d’inverno mentre d’estate il terreno viene pulito dalle felci. La stagione della raccolta comincia ad ottobre con le castagne “cascole”. Inizialmente le castagne venivano raccolte a mano utilizzando un paniere, che in dialetto chiamiamo “panaro”, anticamente fatto con la corteccia sottile degli alberi di castagno. Una volta riempito, il panaro veniva svuotato in sacchi più grandi. Le famiglie ricche si facevano aiutare dai cosiddetti “mesaruli”, uomini e donne che venivano anche dai paesi vicini per guadagnarsi da vivere. I mesaruli venivano ospitati  in casette che si trovavano nei castagneti chiamate “purcini” e dormivano su materassi fatti con le foglie delle pannocchie. Le donne si occupavano della raccolta assieme agli uomini che dovevano anche portare i sacchi e caricarli sui muli per trasportarli in paese nei cosiddetti “gratali” dove le castagne venivano scelte e selezionate manualmente. Le buone venivano vendute ai commercianti mentre quelle non buone ad esempio venivano date ai maiali. La seconda pelle delle castagne veniva anticamente messa all’interno delle scarpe per mantenere il calore oppure usata per accendere il fuoco.

Successivamente si è passati dalla raccolta manuale alla meccanizzazione con l’utilizzo di aspiratori. Inizialmente non è stato semplice poiché alcune castagne a causa della potenza dell’aria dell’aspiratore si urtavano tra di loro e si danneggiavano. Oggi i sistemi di aspirazione sono stati migliorati e vengono utilizzati senza danneggiare il frutto. Per il trasporto dei sacchi non vengono più utilizzati i muli ma apposite macchine come ad esempio i trattori. Le castagne raccolte vengono oggi date direttamente ai centri dove per selezionarle si utilizza un macchinario detto “crivella” composto da vari settori dove esse cadono a seconda della loro grandezza direttamente in contenitori specifici.

Sono stata molto felice di svolgere questo tema perché è stata un’opportunità per conoscere nuove cose circa la natura del mio paese e la sua storia. Mi sono piaciute molto le narrazioni di mio zio che già da bambino con mia nonna e la sua famiglia numerosa partecipava alla raccolta delle castagne. Mi ha raccontato della grande festa detta “capicanale” che ancora oggi fanno alla fine della stagione della raccolta  e che ricorda molto la sagra della castagna.

Per me trattare questo argomento è stato curioso, interessante e molto travolgente e mi ha fatto capire perché ancora oggi questa pianta, il castagno, è tanto importante per noi montellesi. 

 

 


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