Napoleone Bonaparte, alcune curiosità

 di Domenico Mazzei, classe IID



Napoleone Bonaparte è certamente uno dei personaggi più affascinanti della storia moderna, ma quasi sempre anche i testi scolastici tralasciano dettagli interessanti che invece andrebbero ad arricchire ancora di più la complessa figura del generale che sfiorò l'impresa di conquistare l'intera Europa. In questo articolo proporrò alcune curiosità che ho reputato interessanti e che sfatano alcune credenze popolari.


Italiano o francese?

I Buonaparte vantavano nobili origini toscane, anche se si erano trasferiti in Corsica, allora genovese, già nel 1567. Lo stesso Napoleone raccontava di essere italiano, ma dell’Italia non diceva cose buone. La familiarità linguistica (in Corsica si parlava l’italiano) gli rendeva congeniale l’Italia e probabilmente è vero che ci metteva piede con piacere, dato che vi si era affermato come militare e politico. Ma in più occasioni Napoleone si fece scappare valutazioni non troppo positive sul carattere italico. Il cognome Buonaparte fu cambiato in Bonaparte.


La statura

Nell'immaginario collettivo e nelle tante caricature umoristiche, Napoleone è rappresentato come un "tappo" con manie di grandezza. In effetti il generale non era un gigante: era alto 1,69 m, ma per i tempi in cui viveva, la sua statura era addirittura al di sopra la media.

Superstizioso?
Non è vero che avesse la fobia dei gatti, come si crede. Lo ha precisato la storica Katharine MacDonogh nel libro "Storia dei cani e gatti a corte dai tempi del rinascimento", dopo averlo letto da più parti: non esiste alcuna evidenza storica che Napoleone soffrisse di ailurofobia. Ma era superstizioso e come molti europei del tempo si teneva lontano i gatti neri.


Egittologia
Oggi possiamo studiare la civiltà egizia e i suoi costumi grazie alla Campagna d'Egitto che Napoleone condusse tra il 1798 ed il 1801. Proprio durante la conquista del paese nordafricano, infatti, il capitano Pierre-François Bouchar scoprì la famosa Stele di Rosetta che permise agli studiosi di decifrare i misteriosi geroglifici.

La mano misteriosa

In molti ritratti Napoleone viene raffigurato con la mano destra infilata nella giacca. Tra le tante teorie che sono state avanzate negli anni, la più diffusa vorrebbe associare quella posa singolare ai frequenti dolori di stomaco di cui soffriva l'imperatore. In realtà la posizione della mano era frutto di una semplice moda: in quegli anni infatti, i personaggi che volevano farsi ritrarre assumevano quella posizione per ispirare rispetto e senso d'autorità.


Innovatore


Durante le campagne napoleoniche si cominciò a sperimentare il cibo in scatola: merito del pasticciere Nicolas François Appert che ideò un metodo di cottura del cibo in vasetti di vetro a chiusura ermetica. Appert per la sua invenzione fu premiato con 12 mila franchi.

Il "furto" della Gioconda  

Nonostante la credenza diffusa che sostiene il contrario, Napoleone non trafugò la Gioconda di Leonardo da Vinci. Secondo gli storici, il dipinto si trovava in Francia dal 1517, dove lo aveva portato proprio l'autore. In seguito il quadro fu acquistato molto probabilmente dal Re Francesco I: Napoleone, grande appassionato d'arte nel 1800 si limitò ad appenderlo nelle stanze della moglie Josephine e in seguito la Monna Lisa entrò a far parte della collezione permanente del Louvre (che all'epoca si chiamava Museo Napoleone). La bufala del furto napoleonico nasce forse dal fatto che i soldati napoleonici trafugarono davvero alcune opere d'arte durante la campagna d'Italia, ma non la Gioconda.

Il cavallo di Napoleone

Uno dei quadri più famosi che raffigura Napoleone è quello ad opera di Jacques Louis David intitolato "Bonaparte valica il Gran San Bernardo", dipinto tra il 1800 e il 1803, che ritrae il condottiero in sella ad un maestoso cavallo bianco di nome Marengo. Il nome gli fu dato in ricordo della vittoriosa battaglia di Marengo, combattuta il 14 giugno 1800 nel corso della seconda campagna d’Italia. Marengo accompagnò Napoleone nelle battaglie di Austerlitz, Jena, Wagram e Waterloo. In ben otto occasioni l’animale fu ferito riuscendo sempre a sopravvivere e dimostrandosi un cavallo di grande forza e affidabilità. Fu catturato nel 1815 durante la battaglia di Waterloo da William Henry Francis Petre che lo portò con sé nel Regno Unito dove morì all’età di 38 anni. Il suo scheletro è tuttora conservato al National Army Museum di Londra. 

Commenti