"Come un romanzo", la mia recensione

di Domenico Mazzei, classe II D




Daniel Pennac, pseudonimo di Daniel Pennacchioni, è uno scrittore francese nato a Casablanca l’1 dicembre del 1944. Proveniente da una famiglia di militari, trascorre la sua infanzia tra Africa, Asia, Europa e Francia meridionale. Pessimo allievo, solo verso la fine del liceo ottiene buoni voti, quando un suo insegnante comprende la sua passione per la scrittura e, al posto dei temi tradizionali, gli chiede di scrivere un romanzo a puntate, con cadenza settimanale.

Si laurea in Lettere all’Università di Nizza nel 1968, diventando contemporaneamente insegnante e scrittore. La scelta di insegnare, professione svolta per ventotto anni, gli serviva inizialmente per avere più tempo per scrivere, durante le lunghe vacanze estive. Pennac, però, si appassiona subito a questo suo ruolo. Scommettendo contro amici che lo ritenevano incapace di scrivere un romanzo giallo, nel 1985 pubblica "Il paradiso degli orchi", primo libro del ciclo di romanzi che hanno come protagonista Benjamin Malaussène. Nel 1992, pubblica il saggio "Come un romanzo". Il 26 marzo 2013 è stato insignito della laurea ad honorem presso l'Università di Bologna.

È uno scrittore eclettico: le sue opere comprendono romanzi, romanzi per ragazzi, saggi, racconti, fumetti, testi teatrali, libri illustrati. Ha ricevuto numerosi premi letterari.


Il libro "Come un romanzo" è un saggio in cui Pennac utilizza la sua esperienza di docente per riflettere sull’importanza della lettura, attività che non sembra più in voga tra i giovani. Per l’autore la lettura è un piacere senza fine, pertanto è un'abitudine che non può essere imposta: il verbo “leggere”, secondo Pennac, “non sopporta l’imperativo”. Quindi, l’unico metodo per suscitare l’amore per la lettura è generare nei giovani il desiderio di apprendere.

“Come un romanzo”, dunque, è una fonte inesauribile di riflessioni sul tempo che dedichiamo ai libri e sulla lettura intesa come piacere e come diritto, non come costrizione e dovere scolastico.

Riflettendo sul genere di appartenenza dell'opera mi viene da pensare che sia una sorta di metaromanzo, ma ricercando su internet è invece classificato come un saggio; tale affermazione non mi sembra completamente condivisibile perché in più punti sembra un vero e proprio racconto sebbene non siano presenti dei protagonisti ben definiti.

Il libro è strutturato in 4 capitoli, suddivisi a loro volta in 57 paragrafi di lunghezza variabile, alcuni molto brevi altri più articolati. L’ultimo capitolo è articolato in maniera diversa, infatti è diviso in 10 punti che elencano i diritti imprescrittibili del lettore. 

Ci sono tanti aspetti che mi hanno sorpreso. Uno di essi è sicuramente la facilità e la scorrevolezza della lettura che tende a farmi immedesimare nelle situazioni descritte. Le idee espresse sono molto condivisibili perché anche secondo me la lettura non è un obbligo né un dovere ma solamente un piacere. Nel libro si possono notare vari paragrafi che sembrano non avere nessuna connessione con ciò che è attorno a essi. In realtà però questi punti delineano la figura dei lettori, concretamente e non astrattamente, calati nelle situazioni reali, che non amano i libri perché vengono loro da sempre imposti. Una sezione che si differenzia dalle altre è sicuramente rappresentata dal quarto capitolo che contiene riflessioni sui diritti imprescrittibili del lettore. Quelli che mi sono sembrati più interessanti sono il III (il diritto di non finire un libro) e il X (il diritto di tacere). Il 3º libera il lettore dal senso di colpa che si prova quando non si è in grado di finire un libro, il 10º vuol fare capire che non è necessario spiegare ciò che si è letto o dare conto di altro in riferimento alle proprie scelte di lettura. 

Raccomanderei a tutti i lettori questo libro, perché questa opera ci dirige verso la giusta strada per la lettura. "Il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere".


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