L'uomo del Similaun: Otzi

di Samuele Vinci, classe ID



300 anni fa un uomo si aggirava tra i monti della valle del Senales, camminava, camminava per una meta chissà in quale luogo, perché non la raggiunse MAI, trovò infatti la morte in quel ghiacciaio colpito da una freccia. Quell'uomo era OTZI. Non si seppe mai da chi fu ucciso proprio come un vero e proprio giallo più antico della storia.Mistero che appassiona archeologi e scienziati ebbe inizio nel 1991 quando per caso una coppia di escursionisti trovò tra i ghiacci dell'Alto Adige una mummia congelata ( è conosciuta anche come mummia del Similaun) e perfettamente conservata.La mummia, battezzata da un giornalista con il nome di Otzi  fu trasportata nel 1998 al Museo Archeologico dell'Alto Adige a Bolzano e iniziò a essere studiata da esperti internazionali, offrendo una testimonianza eccezionale sulla vita degli uomini dell'Età del Rame. Ma solo in anni recenti, grazie a più sofisticate tecniche di indagine medico scientifiche, sono emersi dei pezzi del puzzle che ci inquadrano meglio la scena del crimine.L'uomo aveva all'incirca 46 anni, un'età avanzata per l'epoca era, visto che la vita media non era superiore ai 30-35; era alto 160 cm e aveva gli occhi scuri. La freccia da cui venne infilzato si trovava nella scapola di 2 cm(la scapola è un osso che forma la spalla destra e sinistra, in tutto ce ne sono 2 di scapole) Anche se non venne preso in un organo morì lo stesso, infatti gli scienziati ipotizzarono che morì a causa di un dissanguamento a grande velocità. Inoltre aveva anche un trauma cranico già da prima della sua morte.


Rinvenuto con ferite alla mano stava a significare che aveva combattuto ore o giorni prima della morte. La sua morte è molto strana da capire ma quello che gli scienziati hanno scoperto che fu  attaccato di sorpresa, grazie alla sua posizione. OTZI AVEVA ANCHE MOLTI TATUAGGI, sono contati circa 61.  I primi studi ne individuarono un numero variabile, che oscillava tra 49 e 57. Le difficoltà nei calcoli derivano dal fatto che molti segni – semplici punti, linee e crocette – sono difficili da individuare a occhio nudo, innanzitutto a causa dello stato di deterioramento della pelle, e poi perché collocati in uno strato profondo della cute. Bisogna infatti tenere presente che la tecnica utilizzata all'epoca non prevedeva l'uso di aghi: si praticavano delle piccole incisioni nella pelle e quindi si ricopriva l'incavo con il carbone vegetale. Un gruppo di ricerca guidato da Marco Samadelli ha utilizzato un metodo di imaging non invasivo (nello specifico una tecnica di ripresa multispettrale messa a punto da Profilocolore, una società Romana) capace di mettere in risalto le più impercettibili sfumature della pelle. Questo particolare procedimento fotografico ha permesso di catturare la luce dall’infrarosso all’ultravioletto, facendo emergere in modo nitido tutti i disegni scolpiti sulla mummia. La mappa, pubblicata sul Journal of Cultural Heritage, conta 61 tatuaggi, classificati in 19 gruppi.

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